Faro - ovvero Stefano Faraon(classe 1984) - con Al Lago, ep per la netlabel ViVeriVive, presenta tre piccoli piccoli pezzi di artiginato sonoro. Da Vittorio Veneto, con solo chitarra, electronics e chincaglieria acustica, il Far(a)o(n) cesella, lima e smeriglia storie piccole, ben fatte e curate. Come il conterraneo Artemoltobuffa, con il quale c’è più di un punto di contatto musicale e letterario (l’aggettivo è questo, non un altro se si ascoltano bene le storie minime di “Al lago” e “La gente”). Su tutte, poi, spicca quella dedicata al bombarolo Guido Fawkes (si, quello di Anonymous, V for Vendetta, etc, etc, etc), nella quale Far(a)o(n) si fa portavoce di molti, se non di tutti: “ho come l’impressione che siate in tanti, sporchi luridi arroganti. Ho come voglia di lanciare una bomba, vorrei solo essere più tranquillo nel sonno. In sogno, sogno le bombe in Parlamento”. Esordio piccolo e carino, da conservare e regalare; Sul bandcamp del Faro, da gennaio 2012 c’è un altro pezzetto, minuto e leggero. Da avere come gli altri. (Beautiful Freaks)
Al Lago è il mini ep d'esordio di Faro, al secolo Stefano Faraon da Vittorio Veneto. Una calligrafia dream-wave virata lo-fi, un impasto fragrante di minimi termini acustici, elettrici e sintetici per sfornare ballatine argute e sognanti, l'inquietudine intenerita dei Notwist più soffici ed il disagio a fior di pelle come un cugino malinconico (e melodioso) de I Cani. La situazione e' ancore basale, ma ci sono gia' sufficienti premesse per impostare un discorso di lunga durata. (SentireAscoltare)
Forse Faro è semplicemente un vezzeggiativo del suo nome vero e proprio, Stefano Faraon. Ma è comunque piuttosto emblematico il fatto che sui laghi si siano visti sempre pochi Fari. Son quelle cose che ti parlano prima di dire qualcosa. Come una barca nel bosco o un pesce in metrò. Fatto sta che il nostro buon Stefano, artista vittoriese, e le sue tre canzoni emozionano senza dover dire molto. Canzoni brevi e semplici, in cui il simbolico testo è ridotto all'osso. Le parole vengono mescolate e la grammatica disattesa mentre il punto focale si sposta sulla canzone, sulla melodia sognante. Per farsi cullare ad occhi socchiusi e trovarsi sull'immobile fondo di questo lago. Bellissima La canzone di Guido Fawkes, una sorta di sogno (molto attuale) che omaggia con le sue distorsioni il seicentesco complotto delle polveri. (Breakfast Jumpers)
Un Faro si accende su un lago. Lui si chiama Stefano Faraon e viene da Vittorio Veneto. Si affaccia sul panorama indie con un ep, Al Lago, che cattura immediatamente per la capacità di cullare a suon di elettronica l’ascoltatore immerso nelle acque ora agitate ora stagnanti dell’italianità musicale. Senza presunzione, il Faro illumina di tre brani folgoranti quelle acque, e le calma, e le fa scorrere. D’improvviso, il lago diventa ruscello, fiume e mare, ma non si agita, scorre e corre leggero e lineare, perchè il disco d’esordio di Faro punta sulla melodia semplice, sui testi poetici (“ho milioni di colori in me”) quanto scarni (“un dì qualunque a casa mia, sento una cosa ma non so che cosa sia”), simbolici (“la casa è un buco dentro il mio albero, mi arrampico un po’ più in alto”), quanto fruibili (“mi cambia tutto pensare che quello che non vedevo prima ora c’è”). Frasi tratte dal brano che apre l’ep e gli dà il titolo: subito si viene avvolti da un’inquieta ricerca di calma, come se il lago fosse metafora si un luogo che forse non esiste, ma che è al sicuro dai vortici e dai mulinelli, alle ondate di piena che sconvolgono questo Paese ridotto al ridicolo, dove sempre di più si affonda nel fango, e si annega, metaforicamente e non. La via di fuga interiore di cui canta Faro diventa ancora più chiara all’ascolto di “La gente”, il secondo brano dell’ep: “non mi ferisce più niente, ho eliminato la gente, ma in una buca in fondo al lago conservo le conchiglie più belle”. La protesta sociale diventa distanza, ed è un tema strettamente e tragicamente attuale, nonostante la leggerezza che Faro riesce a infondere alle sue canzoni, grazie a una musica che con pochi accordi mette d’accordo l’indie rock d’autore e il brit pop, grazie all’arrangiamento sapiente dei brani, e ai testi mai troppo carichi (siamo lontanissimi, sul lago, dalle Luci della centrale elettrica). Si chiude con “La canzone di Guido Fawkes”, omaggio a Guy Fawkes che nel 1605 attentò alla vita del re Giacomo I d’Inghilterra con quella che è passata alla storia come “La congiura delle polveri” perchè l’intenzione era quella di far esplodere tutta la camera dei Lords, col re in mezzo. E qui l’eversione si fa palese: “ho come l’impressione che siate in tanti, sporchi luridi arroganti. Ho come voglia di lanciare una bomba, vorrei solo essere più tranquillo nel sonno. In sogno, sogno le bombe in Parlamento”. Un chiaro messaggio di rabbia sociale che, seppure mantenuta nella dimensione onirica, potrebbe esplodere da un momento all’altro. Ed ecco che come in un piccolo e perfetto cerchio musicale, si torna alla prima traccia dell’ep, e diventa necessario e salvifico rifugiarsi, talvolta, “Al lago”, dove il Faro riesce a illuminare le cose, riportandole dentro l’alveo di una giusta, magari disincantata, ma più pacata ribellione. (Shiver)
Al Lago è il mini ep d'esordio di Faro, al secolo Stefano Faraon da Vittorio Veneto. Una calligrafia dream-wave virata lo-fi, un impasto fragrante di minimi termini acustici, elettrici e sintetici per sfornare ballatine argute e sognanti, l'inquietudine intenerita dei Notwist più soffici ed il disagio a fior di pelle come un cugino malinconico (e melodioso) de I Cani. La situazione e' ancore basale, ma ci sono gia' sufficienti premesse per impostare un discorso di lunga durata. (SentireAscoltare)
Forse Faro è semplicemente un vezzeggiativo del suo nome vero e proprio, Stefano Faraon. Ma è comunque piuttosto emblematico il fatto che sui laghi si siano visti sempre pochi Fari. Son quelle cose che ti parlano prima di dire qualcosa. Come una barca nel bosco o un pesce in metrò. Fatto sta che il nostro buon Stefano, artista vittoriese, e le sue tre canzoni emozionano senza dover dire molto. Canzoni brevi e semplici, in cui il simbolico testo è ridotto all'osso. Le parole vengono mescolate e la grammatica disattesa mentre il punto focale si sposta sulla canzone, sulla melodia sognante. Per farsi cullare ad occhi socchiusi e trovarsi sull'immobile fondo di questo lago. Bellissima La canzone di Guido Fawkes, una sorta di sogno (molto attuale) che omaggia con le sue distorsioni il seicentesco complotto delle polveri. (Breakfast Jumpers)
Un Faro si accende su un lago. Lui si chiama Stefano Faraon e viene da Vittorio Veneto. Si affaccia sul panorama indie con un ep, Al Lago, che cattura immediatamente per la capacità di cullare a suon di elettronica l’ascoltatore immerso nelle acque ora agitate ora stagnanti dell’italianità musicale. Senza presunzione, il Faro illumina di tre brani folgoranti quelle acque, e le calma, e le fa scorrere. D’improvviso, il lago diventa ruscello, fiume e mare, ma non si agita, scorre e corre leggero e lineare, perchè il disco d’esordio di Faro punta sulla melodia semplice, sui testi poetici (“ho milioni di colori in me”) quanto scarni (“un dì qualunque a casa mia, sento una cosa ma non so che cosa sia”), simbolici (“la casa è un buco dentro il mio albero, mi arrampico un po’ più in alto”), quanto fruibili (“mi cambia tutto pensare che quello che non vedevo prima ora c’è”). Frasi tratte dal brano che apre l’ep e gli dà il titolo: subito si viene avvolti da un’inquieta ricerca di calma, come se il lago fosse metafora si un luogo che forse non esiste, ma che è al sicuro dai vortici e dai mulinelli, alle ondate di piena che sconvolgono questo Paese ridotto al ridicolo, dove sempre di più si affonda nel fango, e si annega, metaforicamente e non. La via di fuga interiore di cui canta Faro diventa ancora più chiara all’ascolto di “La gente”, il secondo brano dell’ep: “non mi ferisce più niente, ho eliminato la gente, ma in una buca in fondo al lago conservo le conchiglie più belle”. La protesta sociale diventa distanza, ed è un tema strettamente e tragicamente attuale, nonostante la leggerezza che Faro riesce a infondere alle sue canzoni, grazie a una musica che con pochi accordi mette d’accordo l’indie rock d’autore e il brit pop, grazie all’arrangiamento sapiente dei brani, e ai testi mai troppo carichi (siamo lontanissimi, sul lago, dalle Luci della centrale elettrica). Si chiude con “La canzone di Guido Fawkes”, omaggio a Guy Fawkes che nel 1605 attentò alla vita del re Giacomo I d’Inghilterra con quella che è passata alla storia come “La congiura delle polveri” perchè l’intenzione era quella di far esplodere tutta la camera dei Lords, col re in mezzo. E qui l’eversione si fa palese: “ho come l’impressione che siate in tanti, sporchi luridi arroganti. Ho come voglia di lanciare una bomba, vorrei solo essere più tranquillo nel sonno. In sogno, sogno le bombe in Parlamento”. Un chiaro messaggio di rabbia sociale che, seppure mantenuta nella dimensione onirica, potrebbe esplodere da un momento all’altro. Ed ecco che come in un piccolo e perfetto cerchio musicale, si torna alla prima traccia dell’ep, e diventa necessario e salvifico rifugiarsi, talvolta, “Al lago”, dove il Faro riesce a illuminare le cose, riportandole dentro l’alveo di una giusta, magari disincantata, ma più pacata ribellione. (Shiver)
Esco dal viaggio onirico intrapreso ascoltando “La canzone di Guido Fawkes”, bellissima song contenuta nel very mini EP di Stefano Faraon aka FARO, per proseguire, al contrario, assaporando le altre due tracce rimaste, “La gente” e la title track, riuscendo con difficoltà ad uscire dal sogno, per arrivare a confermare che Faro ci sa fare. Tre brani sono un po’ pochi per promuovere a pieni voti questo artista, ma sono a sufficienza per capire che di talento qui ce n’è. Tre perle si diceva, semplici, leggere, tuttavia parecchio intense e cariche, che pesano con la loro spinta di linearità e facilità, che descrivono naturalmente l’impalpabile usando testi scarni intrisi di simbolismi. Ad ogni modo, è la melodia quella messa in primo piano, dagli armonici perfetti che generano un insieme di pop indie alternative con reminescenze d’oltre manica e chitarra dominante, che ci fa dire che ci piace senza bisogno di dover aggiungere altre parole. Un’ultima cosa: voi non dovete ascoltare i brani al contrario, a meno che, come me, non siate ispirati così. Ascoltateli e Rock on! (AloneMusic)
“Orgogliosamente” distribuito da ViVeriVive, la nuova opera ”Al Lago” di Faro, giovine artista vittoriese spaziante tra un indie pop duale combattuto tra reminiscenze british e d’italiana memoria (ad es. Perturbazioni), stupisce dal primo palpito. Innanzitutto per la sua particolare brevità: l’EP è uno e trino ,tant’è che il ‘TrEp’ incita ineluttabilmente a ipercondensarsi sui brani col risultato di conoscerli a memoria dopo due giri di ascolto. Futile e personale particolare di contorno è la data del release: 12 settembre 2011, egocentricamente ricorrenza del mio compleanno, motivo di non spiegabile compiacimento al dato fattuale in quanto tale. Non scontata neanche l’idea della univoca stesura ed esecuzione strumentale dei brani, interamente curati dal cantautore Stefano Faraon il quale crea un tracciato giocato sul rifiuto dei rifiuti di una società non comprensiva del comprendere, volteggiando tra critiche dirette, voglia di rifugiarsi e propositivi leggermente ‘eversivi’.La title-track dà il benvenuto ad un incipit plasticamente ed elettricamente oscuro per poi sfociare di colpo in un basso pronunciato ed picchettature acustiche accompagnate da tonalità ‘faraonicamente’ acerbe. “Ho Milioni Di Colori In Me”; “Dentro Al Mio Albero Mi Arrampico Un Po’ Più In Alto”; “La Casa E’ Un Buco” paiono esplicare di per sé una confessione adolescenziale volenterosa di vivere il proprio profondo lago-cosmo lontano da plastici giudizi. Non stupisce difatti il titolo della seconda traccia “La Gente”, la sua essenza sì. Si balza nell’età della piena maturità cantautrice, introversa, carismaticamente psichedelica pur sempre circondata da solitaria coerenza di tracciato, ma distribuita con attrattiva tra interessanti apporti del synth ed un giro di basso richiamante quello di Paolo Tocchet. Si ultima con richiami esplicitamente storici: “La Canzone Di Guido Fawkes” richiama palesemente all’impiccato e squartato cospiratore della ‘Congiura delle Polveri’, ma l’italianizzazione del nome proprio tanto arricchisce la folcheggiante confessione musicale di ramanzine all'organo costituzionale del nostro di stato. Dove corre veloce se camminare non sa?...Con Faro l’esplicito si vela di individualismo incentrato sulla comunicazione interpretativa ben lontana da schematismi pietrificati. Stando all’essenziale copertina del TrEp si immettono idee per emettere sostanza, seppur innocentemente candida. (ExtraMusicMagazine)
“Al lago” è il primo EP di Faro, alias Stefano Faraon, eclettico musicista e cantautore vittoriese che dietro ai suoi brani velatamente d’amore, tenta di far passare senza pesantezza anche un accenno ad un disagio sociale, ad una ideale ribellione, ad una qualche riappropriazione d’identità. Brevissimo, proprio come quei fine settimana di inizio autunno passati fuori casa senza pensieri e volendo scacciare le preoccupazioni, il discofinisce addirittura troppo in fretta, lasciando l’amaro in bocca. Allora, se per andare a fare una gita al lago ci si mette in macchina il venerdì pomeriggio e si ritorna a casa solo la domenica dopo pranzo, Faro fa durare il suo piccolo capolavoro giusto il tempo di tre canzoni, intense, cariche di una rara bravura negli arrangiamenti e con il peso giusto nel calibro dei testi. Ben radicato nell’indie-pop d’autore, ma con una licenza d’uccidere tutta brit e synth, con pochi accordi Stefano costruisce dei brani che meriterebbero ben altra fortuna rispetto a quella che con ogni probabilità avranno: l’ennesima goccia nel caos della musica indipendente italiana. Un peccato, per chi, come noi, ha già nostalgia della casa sul lago! (LetLoveGrow)
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