mercoledì 21 dicembre 2011

Recensioni di "Esercizi di statica"

Secondo album per questo progetto bergamasco, originariamente un duo composto da Daniele Nava e Thomas Foiadelli, ora divenuto trio con l'aggiunta di Nicola Agazzi. "Esercizi Di Statica" prosegue la, per fortuna, florida tradizione delle proposte musicali che mostrano quanto si possa dire anche con un suono essenziale e scarno, sia dal punto di vista strettamente musicale che, di conseguenza, da quello emotivo. Questi nove brani sono imperniati sul binomio voce - chitarra acustica, con la presenza di pianoforte e percussioni che è saltuaria ma comunque non rara ed altri strumenti ad intervenire più sporadicamente; le soluzioni a livello sia compositivo che di arrangiamenti sono comunque moltissime e non c'è mai un momento che si sia già sentito all'interno dell'album. Il bello di tutta questa attenzione e di questa fantasia è il riuscire a rendere estremamente concreto un lato emotivo basato su una sorta di decadentismo dimesso applicato alla quotidianità. Il rischio di dischi così congegnati, infatti, è sempre quello di risultare troppo intellettuali (o intellettualoidi) e pertanto fini a se stessi, invece i Mircanto ci propongono una serie di spaccati di vita reale e di introspezioni nei quali tutti, prima o poi, ci siamo trovati. Una prova, quindi, che ha tutto per lasciarsi apprezzare da molti appassionati e anche già dal primo ascolto. (OndaRock)

Mircanto è un nome splendido per una band così. E questo è un ottimo inizio. Ed il lavoro di Daniele Nava e soci è davvero gradevole, si ascolta che è una meraviglia. Lo so, sembra tutto molto semplice, ma è questo che i Mircanto sono. Una band semplice, senza fronzoli, che fa del minimalismo il suo punto di forza. Ma per davvero. Una canzone come "Statali stese" ne è pregevole testimonianza. Quando si ha una gran bella voce non importa spingerla al limite, funziona lo stesso. Quando si ha padronanza degli strumenti, non importa la ricerca del tecnicismo, si sente che ci sono scelte preziose. Sì, credo che "prezioso" sia il termine più giusto per definire l'ottimo Esercizi di statica, un disco che ha un qualcosa del Capossela più cantautorale, e che mi ha ricordato un poco anche le atmosfere del più recente Vincenzo Fasano. Ammetto che non sono rimasto estasiato dai testi dei brani, senz'altro buoni per carità, ma che se fossero stati eccezionali avremmo avuto davanti un album come pochi. Ma è davvero trovare il pelo nell'uovo in un progetto davvero valido. E poi sono così felice di essermi gustato un album con una voce così piacevole che non voglio in nessun modo minare il mio giudizio su questo disco, che è ottimo. Oggi si sottovaluta un po' troppo spesso l'importanza di un timbro vocale come quello di Nava, ma se ci fossero più cantanti così magari si sentirebbe meno l'esigenza di scopiazzare cosa fanno all'estero. (MusicaRovinata)

Mettetevi comodi, rilassate i muscoli, dimenticate ciò che vi turba e abbandonatevi alle atmosfere cupe ed alle note sussurrate di “Esercizi di statica”, seconda creatura deiMircanto. Daniele Nava e Thomas Foiadelli sono i demiurghi, affiancati per l’occasione da Nicola Agazzi e Alessandro Lampis. Il crepuscolo di una fredda sera d’inverno, abbracciati ad un divano, camino acceso e bicchiere di vino in mano. Queste sarebbero le condizioni adatte per immergersi nell’ascolto del suddetto, e se ciò non è possibile, allora grazie a questo disco tali condizioni si manifesteranno automaticamente nella vostra mente. Canzoni semplici, essenziali, a voler usare un aggettivo tanto in voga ultimamente, sobrie; la cura dei particolari – invece – non lo è, tanto che si predilige una condizione di poca pulizia dei suoni pronta a dipingere un’atmosfera live da piccolo club. Si ondeggia tra ritmi pop-rock acustici, folk e jazz. Il pianoforte e la chitarra al loro posto, poi la diamonica, una voce calda che avvolge il tutto. Suoni che ricordano, senza ipotesi di plagio, Marco Parente, Le luci della centrale elettrica ed il lato più intimo di Vinicio Capossela, magari un po’ meno sbronzo. Un disco gradevole, ben fatto, essenziale anche nei 35 minuti di durata, scelta questa che sembra azzeccata. (LetLoveGrow)

In perfetta armonia con le teorie di wohleriane, che hanno fatto luce su una serie di rotture “inspiegabili” al termine del XIX secolo, gli “Esercizi di statica” dei Mircanto tendono a chiarire l’essenza della fatica umana e la spaccatura tra l’uomo e lo spazio circostante, dominante nel nuovo millennio. Con poche parole, messe al posto giusto, il trio bergamasco, capeggiato da Daniele Nava (voce e chitarre), spazia nel tempo e nel suono con sorprendente maestria. Le acustiche e il pianoforte di Nicola Agazzi rendono l’atmosfera calda e inquietante, quasi mai confortevole, tanto da indurre l’ascoltatore a porsi delle domande che toccano l’intimità (Poca voce). Le tracce di basso di Thomas Foiadelli sono precise e puntuali, e rendono l’idea di quanto empirico sia il lavoro dei Mircanto, che con la traccia 5 (Mircanto) tirano fuori l’anima e con “Sfiori” e “Piovaschi” la lavano, stirano e tirano a lucido. Coi “baffi pettinati” mi sono messo alla ricerca di una insperata quanto probabile “ghost track”, Nava&Co. non hanno disatteso nessuna aspettativa.Chiudendo con “Dicembre” hanno dato la degna conclusione ad un disco pieno di “figure”, di “arancioni” e “marroni”, di sconforto e speranza, in “Dicembre” c’è l’essenza di quanto detto e scritto fino all'’ultimo accordo, e intanto, nove tracce sono finite, e non me ne sono accorto. (Ondalternativa)

I Mircanto sono una band di Bergamo nata qualche anno fa; si muovono all'interno di sonorità asciutte e minimali che strizzano l'occhio al folk ma mantenendo comunque una ricercatezza quasi sperimentale. Nel 2009 uscì il loro primo lavoro, Le finestre sono Aperte, che colpì la mia attenzione per la delicata poesia dei testi e per l'originalità dell'impianto melodico, mai scontato, mai banale. Il loro nuovo disco, Esercizi di statica, è uscito quest'ultimo mese ed è un gioiellino di musica cantautorale adagiata su uno sfondo melodico elaborato e moderno, fatto di suoni originali, diretti, privi di inutili fronzoli, essenziali, che ben accompagnano la splendida voce di Daniele Nava. Una voce d'altri tempi, battiatesca, che nella sua semplice malinconia racconta in modo chiaro i testi, le storie, le impressioni di cui ci vuole parlare. Il disco si apre con Cielo b, un arpeggio alla chitarra dal sapore rinascimentale che costruisce un ambiente, una predisposizione dell'animo; è un invito ad ascoltare. Segue Entroterra, primo brano vero e proprio, chiaroscuro, andante ed avvolgente. La chitarra acustica è centrale, accompagnata dagli inserti al piano, e da un testo acre e visionario, un inno a metà tra l'apocalittico e l'onirico. Statali tese è una traccia più tranquilla, ma sempre caratterizzata da un'inquietudine di fondo, come se la musica servisse a mettere in guardia; la melodia è ciclica ed è seguita dalla voce, inizialmente col testo, ed in seguito con dei gorgheggi, quasi le corde vocali fossero uno strumento nel senso proprio. Il brano successivo è la title-track dell'album, Esercizi di statica, fondata su continue variazioni tonali, che trasmettono un senso di perenne insicurezza e che ben si sposano con lo splendido testo (“canta piano che non senti il caffè salire, piangi piano che guadagni un amore al mattino”); è una poetica delle piccole cose quella che i Mircanto ci raccontano, e la infiocchettano con una splendida melodia di chitarre e tastiere, scarna ma complessa. La successiva Mircanto è un breve intermezzo strumentale ritmato, quasi una pausa per prendere respiro e poi proseguire con Poca Voce, pezzo più aspro ed introspettivo che mi ha ricordato i Valentina Dorme per la sua melodia dallo sviluppo costantemente inaspettato. Da segnalare, ancora una volta, il testo (“Siamo neonati, un paese nuovo ma già stanco, un sermone a fuoco ma corrotto...”). Segue Sfiori, giocata molto più delle altre su basso e pianoforte, con un'atmosfera estremamente malinconica (“ci fiutiamo poi ci svegliamo, ci rifiutiamo); la sperimentazione strumentale è più spinta rispetto al resto del disco. Piovaschi è tutta costruita tra piano e chitarra e prosegue in un crescendo molto sentito, anche dal punto di vista vocale, che termina stemperandosi in una lunga coda finale. Infine, a chiudere l'album troviamo il brano che qualche tempo fa ne aveva preventivato l'arrivo, Dicembre, con le sue soronità alla De André, pieno di lucida disillusione, con un testo che canta una quotidianità patinata di poesia. In conclusione non si può dunque che levarsi il cappello di fronte al secondo lavoro di questi artisti bergamaschi; si tratta di un'opera carica di emozione e con una cura non da poco all'aspetto strumentale, che risulta elegante nel suo essere così essenziale. (Son of Marketing)

Questo album è una meraviglia che ci regala “Dicembre” (il singolo) e che dicembre (il mese) ci regala, quindi prendiamolo al volo, e finiamola di fare finta di nulla o di essere qualcosa. Perchè la parola d’ordine dei Mircanto e di Esercizi di statica è essenzialità. È consapevolezza. Ascoltare questo album è come stare in equilibrio tra quel che vorremmo e quel che siamo, ed è davvero un esercizio di statica, perchè si sta in piedi a malapena ascoltando e riascoltando sotto Natale un pezzo come“Dicembre”: “denti d’oro appesi ai miei rami e preservativi, così brilla di tutti i nostri scarti l’albero della fame”. Un disguido, un senso di colpa che non rincasa: bisogna sdraiarsi da qualche parte a sentire oltre che ascoltare, e lasciarsi trasportare da quegli splendidi accordi di chitarra, da una voce che ammorbidisce la coscienza mentre afferra le viscere. La semplicità è una conquista, non un rifuggire il pensiero: ecco i Mircanto, ovvero Daniele Nava eThomas Foiadelli con Nicola Agazzi, che con una “musica piccola, spiaggiata con coscienza urbana sul borgo incravattato di Bergamo” ci fanno grande l’anno che chiude. Scarni per vocazione, ma non si parli di cantautorato, perchè qui si va oltre: stavolta è un progetto musicale che ha un respiro diverso dalle Luci e dalle Sas, e non lo si può confinare in troppe cose già viste e conosciute. I Mircanto si distaccano dal cosiddetto ‘nuovo cantautorato’ proprio per la loro essenzialità autentica. Qui non c’è ostentazione, e la ricercatezza dei suoni è appunto quella semplicità che si conquista, anche con fatica; e i testi, proprio perchè non sono immediati, riescono a penetrare più in fondo ad ogni ascolto. Il colore di questo album è grigio nord, e già con la prima traccia “Statali stese” ci si trova spiaggiati su certe padane miserie, che poi sono quelle di tutti (“tutti di passaggio, la città è un ostaggio”), e che ci fanno ostaggi di un nebuloso potere. È un album che parla di giorni di lavoro, di guerre viste col telecomando, di quotidianità e di amore (“canta piano che non senti il caffè salire, piangi piano, che ritrovi un amore la sera”, in “Esercizi di statica”). D’amore ce n’è, quello che trova la forza di andare oltre le apparenze. La musica, l’uso delle tastiere in punta di dita, i cori sommessi: eccetto alcuni lievi accenti di folk (come nella strumentale“Mircanto”), l’album “Esercizi di statica” riporta, scaldandole al Mediterraneo, a certe estreme essenzialità nordiche alla Arvo Part o alla Sidsel Endresen, e talvolta ci si potrebbe innestare all’improvviso la voce di Bjork, per intendersi. Insomma, è un disco di rock duemilaundici, che non si grida e soffia forte. Emerge, si ingrandisce nel tempo, e non lo si abbandona. (Shiver)

Non abbiamo tempo, spazio e soprattutto vocazione per rastrellare la tanta musica indipendente italiana che popola l'etere, ma ogni tanto i confini tra il rispetto per le tradizioni d'oltreoceano e canzone d'autore nostrana sono talmente labili che non è possibile far finta di nulla davanti ad un disco come quello dei Mircanto, trio bergamasco capitanato da Daniele Nava e Thomas Foiadelli e completato dal piano di Nicola Agazzi (con l'aggiunta del batterista Alessandro Lampis in session).Esercizi di Statica è il loro secondo album dopo Le Finestre Sono Aperte del 2009, ed è un riuscito esempio di come si possa coniugare la tradizione melodica di Lucio Battisti, lo spleen dell'indie italiano in stile Le Luci della Centrale Elettrica o Dente, con una struttura musicale decisamente folk, che pesca a piene mani sia nel brit-folk più classico che nella tradizione americana. Pare di sentire una versione lombarda dei Midlake (e lo si prenda come un complimento), aggiornata con tutti gli umori negativi della provincia nostrana, raccontata senza timore di abusare di tinte grigie, utilizzando malinconia e silenzio come elementi integranti degli arrangiamenti. Si segnalano la title-track e il singolo Dicembre, ma il fatto che le emozioni arrivino anche da uno strumentale (Mircanto) indica che le premesse per un ulteriore maturazione ci sono tutte. (RootsHighway)

Un impianto folk “esistenziale”, essenziale e preciso, scevro di virtuosismi inutili, eppur assolutamente coinvolgente, a tratti ipnotico, condito con una poesia ora crepuscolare, ora più propriamente sociale, ma sempre lucida e distaccata indagatrice dell’animo umano, si rivela la penna di Daniele Nava, che si sposa meravigliosamente con le atmosfere evocate. Un disco, questo "Esercizi di Statica", che segue di due anni e mezzo il loro esordio "Le Finestre sono aperte", non per tutti è bene precisarlo, la melodia è infatti rifuggita con attenzione, viene evocata, per così dire, ma dall’esserne sedotti i nostri non ne vogliono proprio sapere e la scelta ci pare sicuramente la più appropriata, visto che nell’insieme c’è un’omogeneità ricercata e di classe, che sarebbe stato quasi un peccato renderla fra virgolette più accessibile, perchè le cose preziose, è proprio vero, bisogna cercarle e scoprirle con cura, ascolto dopo ascolto, come in questo caso. (Shakes)

Esercizi di statica è un album tutto italiano, pieno di malinconia stivalesca, con tematiche ricorrenti, caffè, chitarre acustiche, voce traballante, tre quarti, quattro quarti, trallallà. Un album carezzevole e disilluso, che riassume in pochi brani, in trentacinque minuti, una condizione attualissima, che dilaga nel paesino periferico: dove in città si combatte per i propri diritti con la musica di iosonouncane, e sulle montagne si balla il gran folk apotropaico dei modena city ramblers, nella periferia delle città, dove non c'è spazio per la rivalsa, né per la negligenza, le persone, nate vecchie, impugnano una chitarra acustica, e cominciano a suonare di quello che vedono in giro. Questa è la situazione dell'ormai defunto artisticamente vasco brondi, dei ministri, e così via. Nel paese nuovo ma già stanco dei mircanto, c'è spazio solo per la commiserazione. Niente rivalsa, il piano è semplicemente guardare la disfatta dell'uomo, e decantarla in un linguaggio comodo e orecchiabile. Una catarsi del contadino, la liberazione di chi non sa più cosa dire. La liberazione di chi non sa più cosa dire, consiste nel dire le cose che si hanno intorno. Senza secondi fini, senza rivoluzione. Aspettando che qualcuno ci salvi, senza mai salvare. Triste, realista, liquido. Duemilaundici. (BjorkoDio)

Infine è arrivato. Esercizi di Statica. Il nuovo disco dei Mircanto è stato registrato nel salone di villa La Vittoria a Bergamo e nello studio di Andrea Alborghetti fonico ed è composto di nove tracce. Il primo singolo era Dicembre. E ora che dicembre è arrivato potete gustarvi il resto del disco. In free download, come un bel regalo di natale! (Breakfast Jumpers)

"Ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c'è Mastercard". Eh no, avete rotto il cazzo con questa storia! Ci sono cose stupende che invece sono concesse gratuitamente, come ad esempio quest'album, registrato in una villa antica sulle colline bergamasche. (Yo[U-Turn])

I Mircanto, dopo il primo album “Le finestre sono aperte” uscito nel 2009 si presentano con il secondo album “Esercizi di Statica”. L'affascinante voce di Daniele Nava accompagnata al pianoforte dal bravo Nicola Agazzi e in ben studiati arrangiamenti di Alessandro Lampis creano un’atmosfera rarefatta ed elegante. Ritrovarsi nei testi di un brano è una via al suo successo. Si è continuamente alla ricerca di distinguersi dagli altri, di trovare la novità… quando il segreto per arrivare al cuore dell'ascoltatore, emozionandolo, è la semplicità! Raccontare sentimenti e realtà quotidiane spaziando nel tempo, dalla delusione alla speranza dell'uomo attuale, senza metafore o complicati discorsi filosofici, descrivendo la condizione umana, il conflitto tra progresso/natura/uomo rendono l'album dei Mircanto un viaggio diretto alla riflessione, senza artifizi ma semplicemente esprimendo se stessi. La chiave che rende interessante ed affascinante l'album “Esercizi di Statica” è proprio il coraggio è l'onestà di essere se stessi! (Saltinaria)

Quando apri il link con scritto “Esercizi di Statica” che per equivoco incontrollabile si trasforma in ‘Esercizi di Statistica’ non rimani particolarmente compiaciuto. Manovra etimologicamente intenzionale? Non saprei. Effettivo nonché compiacente è lo stupore nel sentire tutt’altro che un mix di metodi, determinismo e formule, e ciò grazie alla destrezza singolare di Mircanto, semplicemente Daniele Nava (testi/voce/chitarra),Thomas Foiadelli (cori/chitarre) e Nicola Agazzi(pianoforte/tastiere), variabile aggregativa altroché casuale.
Il trio si getta nella più nobile modestia definendosi ‘scarno per vocazione’, architettante un ‘progetto vagamente cantautorale’ con tanto di ‘musica piccola’, però (quantomeno) con ‘coscienza urbana’. Che mi sia concesso il non-umile ribaltamento sintattico: qui c’è solo vocazione, cantautorato ardente, musica insigne ma minimalista con ipercoscienza della laconica condizione urbana. Ma è sulle colline bergamasche (dopo il triennale esordio “Le Finestre Sono Aperte”) a nascere il neo lavoro: apertura ad una esplorazione umana in un riparo ‘al riparo’ dal colpevole spazio del XXI siècle pervaso da plastiche passioni (per dirla à la Cure), figlie del connaturato pessimismo cosmico. Perché il tutto non è altro che un continuo, coerente, elitario esercizio di statica intellettuale, sviluppo rettilineo di credenze proprie, compiutamente metabolizzate senza pretese di ermetico ed altezzoso dogmatismo, volte a sottoporre noi, miseri spettatori, all’esercizio della riflessione più intima. C’è qualcosa di disarmonico? No. L’armonia si fa pura coesione di tonalità non inquinanti posizionate su misura con l’acustica e piano che la fanno da padroni di scena. Una scena complessa per la sua grandiosità ma essenziale nelle soluzioni di un arrangiamento povero solo in superficie: è sinfonia, semplice ma sterminata, spoglia ma piena negli attimi giusti. Non esistono caratterizzazioni rigide. Si spazia da instrumentals ‘prive di canto’ (”Cielo B”e l’avvincente atrist-track ”Mircanto”) a ferrigne ‘histoiresmétropolitaines’ (”Piovaschi” con tanto di melodramma primigenio in versione ‘autostradale’, nonché”Poca Voce”: alienazione tutta individuale di neonati in “un Paese nuovo ma già stanco” che altro non è che un “grosso coro distratto”). Non è un vagare incoerente: sono proiezioni comico-tragiche espressive legate da una catena poetica che fa da mastice logico e continuativo dalla prima traccia all’ultima, con la creazione di una storia coerente tra sonorità sobriamente folk. La leggiadro-sventurata ”Entroterra” con la sua “folla incolonnata” non riesce a sgelare la terra, che si spacca mentre il suo piano finale ci scongela con tocchi ferrei cedendo il passo all’unta di grigio e sospirante ”Statali Stese”. La title-track è puro racconto con cambi di tempi non scontati tra motivi acustici più cari alla tradizione e una cesura tiersenianaa 3/5 della compositio. Ma il bello viene alla fine: bassi, gravità, cori psichedelici di ”Sfiori”seducono accompagnati dalla teatralità di quei ‘mostri’ di Gassman e Leray. Eppure è solo un secco epilogo ‘in una vita pendolare a perdonare’ dove ‘ogni cosa sembra vuota’ : “Dove abbiamo sbagliato, perché abbiamo esitato?”/ “Ferrati come eravamo”/ “Ci siamo spenti addosso”/Dopo lo sperma il pianto, piove per noi”/ Piove appena appena più di noi”/ “Ci fiutiamo poi ci svegliamo”/ “ Ci rifiutiamo”/. Infine ”Dicembre”: perfetta sintesi d’insieme, mese ossimorale come la condizione dell’uomo incastrato tra sporadiche consuetudini tradizionali, ipocrite, sintetiche come quei “preservativi” della società appesi ai rami del “nostro albero della fame”: sono scarti “d’amore”, senso di colpa, notti bianche/giorni neri. “Perché dobbiamo qualcosa, che cosa a qualcuno..” Dobbiamo qualcosa?” Ai Mircanto un ‘grazie’ per quest’opera. (ExtraMusicMagazine)

Progetto interessante quello dei Mircanto, ovvero Daniele Nava (testi, voce, cori, chitarre), Thomas Foiadelli (cori, chitarre, bassi, metallofono), Nicola Agazzi (pianoforte, tastiere, diamonica) e con la collaborazione alla batteria di Ruggero Sguera. “Esercizi di Statica” è un album equilibrato ed essenziale, un cantautorato autentico e semplice dai testi evocativi che raccontano della quotidianità, del lavoro e delle sfumature dell’amore. Un rock sussurrato, che non ha bisogno di urla… sofisticati e decadenti, i ragazzi ci portano in un viaggio che parte da Bergamo fino al delizioso molo di Howth in Irlanda. (Kathodik)

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