Gustoso Ep per la band bergamasca, che incornicia l’eccellente cover di “Japanese To English” facente parte del nostro tributo a “Down Colorful Hill” (l’ultima puntata di OndaDrops) in un pugno di brani di alta sensibilità spirituale, orientale verrebbe da dire, data l’evidente fascinazione del gruppo verso quelle coordinate (dal titolo di questa uscita al video di “Japanese To English”). Perfino troppo leggero, a sentire la progressione alla Balmorhea di “Lui”, o le sospensioni ambientali di “Per un film italiano”, alla ricerca di un minimalismo cameristico tanto concettuale quanto un po’ spento, anche se volutamente espressione di un’arte ritratta, paesaggistica. I Mircanto eccellono però in questi arrangiamenti, come dimostra la coda di “Vecchie Frontiere”, unica traccia provvista di parole, che paiono per la verità più ingessate del contesto musicale. (OndaRock)
Non Si Deve Considerare L’ikebana Come Un Oggetto Fisso. L’ikebana È Costantemente Fluttuante. Non Si Deve Dare Una Forma All’ikebana. L’ikebana Ha Una Nuova Forma Per Ogni Nuova Era.
Con queste parole del regista e sceneggiatore Hiroshi Teshigahara vi introduco a questo nuovo disco dei Mircanto, band bergamasca che vi avevamo presentato in occasione dell’uscita del loro secondo lavoro Esercizi di Statica che il nostro Giacomo Cortese definì “un’opera carica di emozione e con una cura non da poco all’aspetto strumentale, che risulta elegante nel suo essere così essenziale”. A due anni da quel lavoro, tornano con un nuovo ep intitolato per l’appunto L’arte di comporre i fiori. Dall’ispirazione di questa arte giapponese riescono a trarre soprattutto due aspetti: uno è quello del movimento dinamico delle loro composizioni che da voce e narrazione anche laddove l’elemento vocale è assente. L’altro è quello di una oculatezza e cura del particolare che esplicita un ricamo perfetto degli arrangiamenti. Questi si appoggiano essenzialmente su architetture folk che si intersecano con richiami post-rock (evidenti nella progressione di “Lui“) e arpeggi atmosferici (l’incantevole melodia di “Per un film italiano“). “Vecchie Frontiere“, unico brano con la presenza vocale (oltre la cover) e di conseguenza quello richiama maggiormente il lato cantautorale della band, è il primo step della pacatezza ricercata nell’evoluzione dell’arrangiamento. “Lei” porta alla luce questo aspetto seguendo un doppio sentiero: quello dell’armonia d’atmosfera e quello delle piccole dissonanze che rendono tortuoso il cammino. La ciliegina sulla torta è rappresentata dalla reinterpretazione di “Japanese to English” dei Red House Painters: riescono a cogliere perfettamente l’essenza del brano applicando il proprio timbro stilistico. L’arte di comporre i fiori è un lavoro che fa dell’eleganza compositiva e della costruzione dettagliata del suono i punti di forza della musica del gruppo che conferma tutto il suo talento e soprattutto la capacità di mettersi in gioco, aprendo porte ad ulteriori evoluzioni per il futuro che non può che essere roseo. (Son of Marketing)
Coi suoi lunghi respiri Mircanto raccoglie anime girovaghe. Timida, la sua mano piccola, fatta di suoni, non intrappola - solo stringe un poco. Lungo il tracciato delle statali stese all’ombra della città, il viaggio è fra note scarne, non teme i lunghi silenzi, e presto s’abbandona alla contemplazione del movimento. L’arte di comporre fiori «(ikebana) è un’antica pratica giapponese, lenta, con una poetica zen alle spalle. La misura,
Con queste parole del regista e sceneggiatore Hiroshi Teshigahara vi introduco a questo nuovo disco dei Mircanto, band bergamasca che vi avevamo presentato in occasione dell’uscita del loro secondo lavoro Esercizi di Statica che il nostro Giacomo Cortese definì “un’opera carica di emozione e con una cura non da poco all’aspetto strumentale, che risulta elegante nel suo essere così essenziale”. A due anni da quel lavoro, tornano con un nuovo ep intitolato per l’appunto L’arte di comporre i fiori. Dall’ispirazione di questa arte giapponese riescono a trarre soprattutto due aspetti: uno è quello del movimento dinamico delle loro composizioni che da voce e narrazione anche laddove l’elemento vocale è assente. L’altro è quello di una oculatezza e cura del particolare che esplicita un ricamo perfetto degli arrangiamenti. Questi si appoggiano essenzialmente su architetture folk che si intersecano con richiami post-rock (evidenti nella progressione di “Lui“) e arpeggi atmosferici (l’incantevole melodia di “Per un film italiano“). “Vecchie Frontiere“, unico brano con la presenza vocale (oltre la cover) e di conseguenza quello richiama maggiormente il lato cantautorale della band, è il primo step della pacatezza ricercata nell’evoluzione dell’arrangiamento. “Lei” porta alla luce questo aspetto seguendo un doppio sentiero: quello dell’armonia d’atmosfera e quello delle piccole dissonanze che rendono tortuoso il cammino. La ciliegina sulla torta è rappresentata dalla reinterpretazione di “Japanese to English” dei Red House Painters: riescono a cogliere perfettamente l’essenza del brano applicando il proprio timbro stilistico. L’arte di comporre i fiori è un lavoro che fa dell’eleganza compositiva e della costruzione dettagliata del suono i punti di forza della musica del gruppo che conferma tutto il suo talento e soprattutto la capacità di mettersi in gioco, aprendo porte ad ulteriori evoluzioni per il futuro che non può che essere roseo. (Son of Marketing)
Coi suoi lunghi respiri Mircanto raccoglie anime girovaghe. Timida, la sua mano piccola, fatta di suoni, non intrappola - solo stringe un poco. Lungo il tracciato delle statali stese all’ombra della città, il viaggio è fra note scarne, non teme i lunghi silenzi, e presto s’abbandona alla contemplazione del movimento. L’arte di comporre fiori «(ikebana) è un’antica pratica giapponese, lenta, con una poetica zen alle spalle. La misura,
l’attenzione, la cura, la concentrazione, il gioco, il rito. Tutte cose perdute». Sono visioni di mondi ormai grigi, fantasmatici, quelli in cui canta Mircanto. E’ un grigiore che col tempo si è impossessato di noi, delle nostre azioni che solo nei ricordi cessano di sbiadirsi. Attraverso i cinque brani de L’arte di comporre fiori, in uscita
il 4 aprile, il gruppo continua a fotografare coglie quel «borgo incravattato» che è Bergamo, attraverso una manciata di suoni che, con discrezione, impongono all'ascoltatore la riscoperta di una poeticità umana, la pazienza che qualcosa − alcuni la chiamano la Megamacchina − ci ha divorato. Il presente appare in scena coi colori del ricordo, al tempo di un sospiro, di un suadente dondolio che custodisce la propria inquietudine. I paesaggi sonori e le atmosfere di Mircanto poggiano su di una vaghezza armonica che non concede spazio ai voli pindarici, ad una eloquenza melodica: è uno scatto fotografico solo apparentemente immobile, per nulla “finito” entro il proprio perimetro. Per vederlo muoversi, anche se si muove appena, basta mettersi sotto il palco. (CTRL magazine)
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